Print Friendly and PDFPrint Friendly and PDFPrint Friendly and PDF

martedì 31 gennaio 2012

FONOGRAFO

FONL'ascolto della musica riprodotta è per noi tanto naturale che è difficile pensare alla registrazione del suono come ad una tecnologia avanzata. Anzi, fra cellulari, CD e lettori MP3, l'idea di ascoltare i suoni e la musica riprodotta ci sembra la cosa più ovvia e naturale del mondo. In realtà non è così: il cammino che ha portato alla riproduzione del suono è stato lungo e faticoso. Ed è passato per diverse fasi. Per secoli, gli inventori più raffinati si sono cimentati nella costruzione di strumenti musicali automatici.


L'ascolto della musica riprodotta è per noi tanto naturale che è difficile pensare alla registrazione del suono come ad una tecnologia avanzata. Anzi, fra cellulari, CD e lettori MP3, l'idea di ascoltare i suoni e la musica riprodotta ci sembra la cosa più ovvia e naturale del mondo. In realtà non è così: il cammino che ha portato alla riproduzione del suono è stato lungo e faticoso. Ed è passato per diverse fasi. Per secoli, gli inventori più raffinati si sono cimentati nella costruzione di strumenti musicali automatici. E' il caso, ad esempio, della celebre fontana di Erone di Alessandria, che poteva riprodurre il canto degli uccelli sfruttanto la forza dell'acqua. O dei tanti automi musicali costruiti in tutta Europa fra Seicento e Settecento.

Il primo fonografo
La vera svolta, però, arriva nel 1877, e più precisamente il 6 dicembre, quando l'inventore americano Thomas Alva Edison (a destra, nella foto d'epoca) aziona a New York il primo fonografo della storia. Questo congegno, in apparenza piuttosto rudimentale, era formato da un cilindro rotante di ottone rivestito di una lamina di stagno. Sul cilindro, al di sotto della lamina di stagno, era tracciato un solco a spirale largo poco più di 2 millimetri.
Il meccanismo che permetteva la registrazione era piuttosto semplice: la voce di Edison veniva catturata da un imbuto che faceva convergere le vibrazioni del suono su di una membrana. Intanto, il cilindro ruotava, e una puntina di acciaio collegata alla membrana incideva la lamina di stagno in funzione dell'intensità delle vibrazioni ricevute.

Una volta terminata la registrazione, si poteva procedere alla riproduzione del suono: per fare questo veniva utilizzata una seconda puntina collegata ad una membrana molto più elastica, posta all'altra estremità dell'apparecchio. Le variazioni nella profondità del solco, catturate dalla testina, mettevano in vibrazione questa seconda membrana, permettendo di riprodurre il suono registrato.

Nessun commento:

Posta un commento